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lunedì 26 agosto 2013

Berlusconi si fa del male - di Roberto Barabino



Dopo una lunga riflessione Berlusconi ha dichiarato: “Non mi passa nemmeno per la testa di chiedere la grazia. Non lo farò io, non lo faranno i miei figli, non lo faranno i miei avvocati. E non chiederò nemmeno i servizi sociali né i domiciliari. Io continuerò la mia battaglia  a testa alta, anche dal carcere se servirà. Non l’avranno vinta”.
Sembra una decisione definitiva, anche se con il Cavaliere non si è mai certi di nulla visti i numerosi dietrofront fatti in passato. Prendendo comunque per buona la sua dichiarazione, bisogna constatare che ha prevalso in lui la pancia anziché la testa: se, come sembra, in caso di  sua decadenza dal seggio senatoriale il PDL porrà  fine all’attuale Governo, inizieranno per il leader di questa forza i guai veri, in quanto la sua speranza di portare  presto il Paese alle urne, giocando in campagna elettorale il ruolo della vittima di una congiura giudiziaria fomentata dai “comunisti” è destinata ad essere delusa.
E’ evidente infatti  che , se cadesse l’attuale Governo, il Presidente Napolitano non scioglierebbe le Camere ma darebbe un nuovo incarico, probabilmente allo stesso Letta, per portare a termine le cose urgenti che sono indispensabili per riagganciare la ripresa economica e dare stabilità e credibilità  al quadro politico  ( misure per il rilancio delle imprese, incentivi all’occupazione giovanile, riforma della legge elettorale, taglio  ai costi della politica). La maggioranza per sostenere questo Governo si può ottenere in due modi diversi:
·         un’alleanza delimitata e a tempo fra il PD e parti del Movimento  5 Stelle  disponibili a trovare soluzioni ai problemi del Paese, essendo improbabile un accordo con l’intero movimento
·         un’alleanza con  un certo numero di parlamentari del PDL disposti a lasciare questa forza politica per gli stessi motivi di cui al punto precedente
La prospettiva di nuove elezioni si allontanerebbe sensibilmente e il PDL, ormai all’opposizione, non avrebbe più carte da giocare per ottenere condizioni favorevoli per il proprio leader nello sviluppo delle sue vicende giudiziarie. Inoltre, se la maggioranza temporanea riuscisse a portare alcuni risultati, il quadro politico cambierebbe notevolmente e, in caso di nuove elezioni, chi si è preso la responsabilità della crisi ne pagherebbe le conseguenze.
In sostanza, la linea del “tirare dritto” scelta da Berlusconi è comunque perdente. Gli conviene, in realtà,  lasciare da parte l’ orgoglio ferito e le velleità di rivincita ed accettare, una volta per tutte, che lui non è al di sopra della legge e della giustizia e che spetta a lui fare il primo passo per dimostrare la sua disponibilità a riequilibrare il rapporto fra politica e magistratura; questo passo può essere: le dimissioni da Senatore prima che si pronunci la giunta parlamentare che deve decidere sulla sua decadenza, oppure la richiesta di affidamento ai servizi sociali, che non è un’umiliazione ma il modo più indolore e fattivo per scontare la pena.
E’ ovvio che entrambe le azioni comportano dei rischi: la prima implica la possibilità  che altri giudici possano agire  pesantemente contro di lui, ormai privato della parziale immunità parlamentare; la seconda che il Tribunale di Milano non gli conceda un’adeguata agibilità politica a seguito della sentenza definitiva sul caso Mediatrade. Ma, correndo questi rischi, il Cavaliere metterebbe  alla prova la volontà della Magistratura di operare in modo non persecutorio nei suoi confronti e potrebbe certamente contare sull’attenta vigilanza del Presidente Napolitano che, fra l’altro, è anche Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Confermando poi  il supporto all’attuale Governo,  Berlusconi terrebbe fede all’impegno più volte preso  di consentire le riforme di cui il Paese ha bisogno e guadagnerebbe consensi.
Se i giudici  di Milano o di altri Tribunali in cui sono in corso procedimenti che lo  riguardano, dovessero mostrare di non tenere conto dei riflessi politici delle loro decisioni, che non possono essere ignorati neppure da chi ha istituzionalmente il compito di applicare le leggi, si creerebbero le condizioni  per un’azione del Capo dello Stato o del Parlamento che metta al riparo il leader del PDL da un’eventuale azione vessatoria nei suoi confronti.
Non si tratta, quindi, di dare a Berlusconi un salvacondotto “ a prescindere”, come alcuni dei suoi  “supporter”  vorrebbero,  ma di avviare un percorso in cui tutte le parti in causa si dimostrino capaci di agire razionalmente, tenendo conto anzitutto delle leggi  vigenti e degli interessi della collettività ,e  in cui le eventuali  mancanze di una di esse possano essere corrette.

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